Lo scrittore esorta gli insegnanti ad utilizzare il viso e la voce per imprimere la lettura nei giovani
Giorni fa mi sono imbattuta in un interessante articolo scritto per Repubblica da Daniel Pennac. Lo scrittore si rivolge agli insegnati ( i maggiori responsabili dell’amore verso una disciplina) esortandoli ad utilizzare strumenti semplici ed efficaci per raggiungere il cuore dei propri alunni e far di loro dei buoni lettori.
Personalmente ho letto diversi libri di Pennac un pò per curiosità un pò per capire come un bambino dislessico sia diventato uno scrittore di successo.
A volte succede l’impensabile, la propria esperienza diventa esempio per l’altro e spunto d’aiuto e riflessione. Nel Diario Di scuola, l’autore tratta il tema degli alunni etichettati come “sfaticati” “fannulloni” “scavezzacollo” e “somari” essendo stato anch’egli tale e avendolo vissuto sulla propria pelle il peso,il dolore e l’angoscia di non essere “bravo” ne descrive i punti più delicati e forse importanti per aiutare gli scolari particolari.
Quale esempio migliore se non la propria autobiografia?
I ricordi della sua infanzia si alternano a ricordi e a riflessioni pedagogiche, sul sistema scolastico, sul ruolo dei genitori e della famiglia, sulla desolazione introdotta dal giovanilismo e della corruzione portata dalla televisione e nuovi media. Da questa osservazione arguta e ironica. Pennac fa emergere un elemento fondamentale in tutti i suoi scritti: l’amore è al centro della relazione pedagogica e i giovani di oggi come quelli di ieri sono appassionati e desiderosi di scoprire e apprendere, sta a noi alimentare queste passioni.
Come fare?
È molto semplice. Leggere ai bambini ad alta voce. Una porta d’ingresso per l’autore naturale della letteratura. Il viso e la voce del narratore imprimono nella mente del bambino il piacere e la curiosità per la lettura. L’intonazione, l’espressione del volto donano luce all’immaginario aprendo la porta alla lettura. In modo speciale, il racconto, la storia, diventano il sonnifero per dormire. Con la voce di papà e mamma il bambino si imbatte nel suo sogno: fate, re, regine, streghe, porcellini, orchi,lupi, burattini fino ai maghetti come Harry Potter. Il bambino anche se non sa leggere sente il piacere che la lettura può dare. È gratuita ed è già letteratura. Il problema si presenta al momento di andare a scuola e mettere insieme grafema e fonema.
La scuola complica le cose, quindi?
La scuola ci chiede delle prestazioni diventa così uno scambio tra lettura e voto. Non è più gratuita né libera, diventa una costrizione. Non c’è più mamma e papà che leggono le storie oramai il bambino sa leggere e viene lasciato solo. Al contrario bisognerebbe mantenere questa sana abitudine poiché il bambino leggerà le storie, ma da grande si appassionerà di letture attuali, di politica, economia, ecosistema e tanto altro ancora. Per Pennac dunque, i genitori che lamentano di avere figli non lettori è solo una questione di volerli bravi a scuola e non liberi di scegliere cosa leggere. Pennac sostiene che il vero lettore è colui che leggendo si spoglia del proprio vissuto per immergersi in un mondo meraviglioso di avventure e fantasia alle quali spesso priviamo la nostra esistenza. Aggiungo che leggere accresce l’esperienza e la riflessività dell’essere che, molto spesso attraverso il vissuto altrui allarga i propri orizzonti.
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