La legge salverà i bulli?

Il fenomeno del bullismo sta diventando dilagante. È per questo che dopo la legge del 29 maggio 2017 n. 71, nuove norme sono in attesa di essere approvate dalla Camera. Servirà la legge a salvare i bulli? Vediamo più nel dettaglio quali sono le novità. Dall’ultima indagine Istat emerge che un ragazzo su due è vittima di bullismo. I soggetti più colpiti sono ragazze giovanissime.

Come si comincia?

Le vittime scelte sono giovani di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Si comincia con parolacce, offese verbali, derisioni, fino ad arrivare alla violenza fisica. Il fenomeno più preoccupante resta comunque l’offesa in rete, che rappresenta il luogo preferito dal bullo. Si stima che il 20% dei giovani nell’ultimo anno ha subito atti di bullismo. Il luogo dove si compiono di più le violenze è la scuola laddove emerge in modo chiaro un disagio sociale.

Cosa prevede la legge?

È stato istituito un numero verde per l’infanzia, il 114 che raccoglie le segnalazioni delle vittime 24 ore su 24. Il bullismo è paragonato al reato di stalking, con pene che prevedono la reclusione da sei mesi a quattro anni se l’autore degli atti persecutori è maggiorenne. Il fulcro del decreto è la rieducazione del bullo minorenne, affidata congiuntamente ai genitori e ai servizi sociali. Nei casi più gravi, dove il recupero non dovesse risultare valido, si provvederà all’affido in casa famiglia. La legge intende incentivare in tutti i modi la fase preventiva e non repressiva, anche attraverso percorsi di mediazione (decisi dal tribunale dei minori), tra il reo e la vittima, al fine di assicurare un idoneo recupero e reintegro sociale del bullo. L’aspetto più interessante è quello delle sanzioni per i genitori che non assicurano la frequenza della scuola al bambino, non solo alle elementari, ma fino all’età dell’obbligo. In questa legge, la scuola ha un ruolo determinante deve indicare e segnalare gli atti di bullismo.

E se fosse una questione educativa?

Potremmo prendere esempio dal metodo danese. In Danimarca il programma “Liberi dal bullismo” ha abbattuto i casi di bullismo dal 25 al 7%, risultato ottenuto trattando questo fenomeno come una responsabilità sociale. Il tutto si basa sull’educazione dei figli. I bambini felici, da grandi, saranno adulti felici, che cresceranno altri bambini felici. A sostenerlo è la psicologa americana Jessica Alexander, che lo definisce un circolo virtuoso. Il metodo danese considera il bullismo come  “effetto delle dinamiche gerarchiche del gruppo”. Non viene trattato e punito come una colpa individuale, ma è il risultato dell ‘osservazione dei fenomeni di comportamenti e interazioni sociali. In questo modo, è più semplice individuare le cause del bullismo e mettere in atto interventi preventivi.

Cosa fare?

Il principio di base è il bisogno di ogni essere umano, di sentirsi parte integrante di una comunità. I bambini, in particolar modo, aspirano a questo senso di appartenenza che, se ostacolato, reso insicuro o limitato, conduce a fenomeni di ansia sociale e di non sentirsi accolto. Una condizione che inevitabilmente sfocia in comportamenti aggressivi e atti di bullismo, come estremo segnale per conquistare una propria identità. In proposito, lo studio danese sul fenomeno e già praticato, ha dimostrato come presagire tali condotte, aiuta a mettere in atto azioni di integrazione per il bullo. Nel momento in cui il soggetto emarginato percepisce di essere accolto, cessano le violenze.

Quali strategie usare a scuola?

Il metodo danese si avvale dell’uso di domande per un “sondaggio del benessere”. Viene chiesto ai bambini e ragazzi se sono felici, come trascorrono il loro tempo fuori dalla scuola, con chi preferiscono stare di più e così via. Il compito viene affidato alla scuola, in questa circostanza, gli insegnanti svolgono un ruolo essenziale. Grazie a queste informazioni è possibile capire lo stato emotivo del bambino, le sue relazioni con i compagni, il gruppo sociale e mettere in atto strategie di intervento. Molto interessante è il momento di ascolto settimanale a loro dedicato. Un modo per aiutare al confronto, all’ascolto, a potenziare l’empatia, migliorare il senso di appartenenza e ad insegnare la tolleranza. Devo ammettere che questo metodo è un forte segnale di civiltà.

La legge serve?

Personalmente ritengo che bisogna mettere in campo tutte le strategie possibili per evitare estreme conseguenze anche al bullo, che come si può comprendere, spesso, è vittima di un sistema sociale pretenzioso che non tiene conto dei tempi e modalità della crescita di ognuno. L’esempio danese è illuminante e dimostrato per cui non ci troviamo di fronte a chiacchiere, ma a fatti. La legge serve, è necessaria per responsabilizzare e far comprendere che ad ogni azione corrisponde una reazione. Il nodo resta sempre lo stesso “la famiglia” luogo preposto allo sviluppo armonioso del bambino, futuro” uomo felice” di domani. Oggi purtroppo sono in primis i genitori ad essere irresponsabili, innescando un circolo vizioso e non virtuoso di conseguenze che segnano la vita del bullo e della vittima. La legge dal suo canto deve mettere in campo risorse e professionisti per educare e non correggere e spero che le cose buone che sono state fatte finora trovino solo riscontro positivo. La parola chiave è prevenzione sociale, la scuola in questo modo è un’ancora di salvezza, ma deve essere in perfetta armonia con la famiglia e la comunità educante tutta…

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About Natascia Caccavale

Volli, sempre volli, fortissimamente volli. Questa è la massima a cui mi ispiro ogni giorno per trovare la giusta grinta ed affrontare la complessità della vita. Sono convinta che la volontà muova il mondo e solo attraverso essa possiamo tentare di renderci felici. Pedagogista, giornalista e scrutatrice dell'animo umano, amo vivere la vita con entusiasmo e positività. Puoi scrivermi a Info@educhiamoci.com

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